In cui si pontifica aggratis.
"In opposizione alla mercificazione, alla privatizzazione e alla commercializzazione di ciò che ha a che vedere con l'educazione, GLI EDUCATORI DEVONO DEFINIRE L'ISTRUZIONE SUPERIORE COME RISORSA VITALE DELLA VITA DEMOCRATICA E CIVILE DELLA NAZIONE. La sfida che si pone dunque ai docenti, ai lavoratori della cultura, agli studenti e alle organizzazioni del lavoro è quella di unirsi nell'opposizione alla trasformazione dell'istruzione superiore in un settore commerciale".
Henry A. Giroux and Susan Searl Giroux "Take back higher education".
Perché questa citazione, a parte gli ovvi motivi contingenti? Perché quello che vedo, nonostante i tempi, nonostante i giornali, nonostante l'affondamento del paese è pura rassegnazione. Autismo e indifferenza. Atteggiamenti in cui ho la tendenza di crogiolarmi anch'io, seppure lontana dall'Italia. Ma forse è giunto il momento di darsi una mossa, di svegliarsi, che forse è già tardi. Non sono propensa al panico e il mio carattere Rottermeier mi impedisce di seguire fino alla fine il delirio globale in cui ci siamo invorticati. Ma comunque, assediati dall'allarmismo perenne, spero che la gente sia ancora in grado di discernere tra le cagate e le cose serie.
Leggo i giornali (italiani) e vedo un paese che affondava lentamente inabissarsi.
Parlo con le persone e le reazioni che ottengo sono: "Ah, sì? La crisi? Quale crisi? Ma guarda, qui non si sente tanto..."
Sono perplessa. Onestamente. Mi chiedo se forse vivere all'estero mi abbia cambiato, e probabilmente è così. Mi chiedo se vivere in un paese melodrammatico com'è l'Inghilterra mi abbia reso più propensa alla preoccupazione e mi abbia fatto dimenticare qualcosa dell'atteggiamento "tarallucci e vino" all'italiana. Mi chiedo se forse invece in Italia si viva da talmente tanto tempo in stato di crisi che non si è più in grado di riconoscerne gli abissi.
Ma quello che mi ricordo bene è la sensazione di limbo in cui vivevo prima di trasferirmi. La sensazione di sabbie mobili risucchianti. E ora che la terra trema in ufficio qui a Londra, so che un posto dove spero di NON tornare è proprio l'Italia. Perché non voglio vivere come vivevo allora. Perché non voglio sopravvivere arrancando. E sopravvivere arrancando tra una disperazione e l'altra, tra un'ingiustizia ingoiata e l'altra e l'unica cosa che si riesce a fare in Italia. E, vista da qua, molte persone sembrano sedate, rincoglionite dal valium tecnologico dei giocattoli con cui ci si distrae per non farsi risucchiare dai propri pensieri.
E' giunto - o è tornato - il momento di "politicizzarsi".
Il che non significa definirsi in base a quello che si è votato. Il che significa che è giunto il momento di partecipare attivamente alla vita del paese, in qualche maniera, in qualche modo. Non occorre andare a dormire in sacco a pelo in un liceo occupato (che lo si è già fatto 15 anni fa e non è più tempo): basta rivolgere un po' di attenzione al di là del proprio ombelico. Esercizio che per chi, come me, è cresciuta negli anni '80 e '90 non sarà facile mettere in pratica. Esercizio indispensabile in tempi come questi. Tempi in cui l'alzata di spalle non ce la possiamo proprio più permettere.
E se no. Chiudetevi nelle vostre stanzette ad aggiornare il profilo su Facebook.
Buona fortuna.
"Alla deriva da un episodio all'altro, vivendo ogni giorno senza la consapevolezza delle sue conseguenze, né tantomeno della meta, [..], l'identità resta costantemente inchiodata a un presente ormai privo di qualsiasi significato durevole come fondamento del futuro" Z. Bauman "Vita liquida"
Vostra Sveva Rottermeier. In giornata NO, evidentemente.