sabato 21 febbraio 2009

Sanremo 2009.

Vince uno di Amici.

E Povia secondo con una canzone omofoba.

Evvabbè.

Prendiamolo pure come un simbolo del paese.

Staccate le macchine che non se ne può più.

sabato 15 novembre 2008

Oriana Fallaci Treatment.

Sono contenta di essere stata smentita riguardo al post precedente. La gente si accorge di quello che succede, alla fin fine. 

E, come era facile immaginare, in realtà non percepisce la  dimensione della crisi per due motivi. 

Prima: effetto rana bollita. 
In Italia ci stanno cuocendo a fuoco più o meno lento da talmente tanto tempo che ormai l'atteggiamento generico è un mix di "Tarallucci & Vino\indignazione a breve durata\menefreghismo\qualunquismo\incazzatura-ictus\alzata di spalle". Effetti prevedibili e previsti di quel colpo di stato strisciante oramai trasformatosi in status quo conclamato.
Che poi. Colpo di stato. L'Italia, gli italiani, sono mai stati meglio di così? Sicuramente sì, ma mai la maggioranza e mai abbastanza a lungo da cambiare la nostra identità. Berlusconi che viene trattato all'estero come il cugino scemo che bisogna tollerare non è una novità, non è un pezzo di storia. E' il nostro simbolo perenne. Dell'italiano trafficone, che magna, beve e ride. Simpatico compagnone di cui però non ci si può fidare. Stereotipi. Certo. Ma non siamo l'America. Non siamo l'Inghilterra. Non siamo un sacco di altri paesi a cui però apparentemente ci ispiriamo. Paesi con vergogne agghiaccianti nel loro passato e nel loro presente. Paesi però in evoluzione. Evoluzione lenta e faticosa. Con grandi passi indietro e raccapriccianti sbagli. Ma sempre evoluzione è. 
L'Italia non si evolve mai. Arranca dietro agli altri tentando di tenere il passo a colpi di furberie,bassezze e simpatia, tentando di "arrangiarsi". Questa è la nostra storia. Da quando questo paese è stato cucito insieme non ci si è mai staccati dal localismo, dal familismo. Per questo lo stato è "nemico" sia per la destra sia per la sinistra. La patria un concetto estraneo, talvolta imposto a colpi di manganello, più spesso rifiutato o molto poco sentito. Hanno fatto l'Italia ma gli italiani sono ancora tutti da fare.

Secondo: anche a leggere i giornali la crisi in Italia sembra lontana. Si parla di recessione tecnica, certo. Ma recessione tecnica è un termine astratto, burocratico. Lontano. Quando invece si dovrebbe sottolineare che tante aziende, anche in Italia, stanno licenziando a colpi di clava. 
Vivendo a Londra ed essendo più a contatto con un altro tipo di mentalità (melodramma anglosassone) pensavo che la stagnazione italiana avesse attutito il colpo che in altri paesi ha colpito con piena violenza. Invece no. Scuola a parte, con tutta la gente che è scesa in piazza difficile da sminuire e nascondere (ma da quello che so i telegiornali ne hanno parlato "a modo loro"), un sacco di aziende al Nord stanno chiudendo e\o ricalibrando la propria forza lavoro. Cioè, in soldoni, la gente resta in strada.

Dunque non sono io. Non sono io che non riesco a scrivere nulla di decente perché risucchiata dal lavoro che per fortuna ancora ho. Non sono io che se dovessi scrivere quello che ho in testa assomiglierei troppo al blog di Beppe Grillo e al suo stile sinistroso apocalittico alla MichealMoore/Naomi Klein. Non sono io che mi sento improvvisamente adulta seria e NOIOSA.
Non sono io. 

E' l'Italia.  

E quella scema di Carla Bruni non ha mica tutti i torti, in fondo.

Ah, che qualcuno si delurki, please. Già mi sento abbastanza Oriana Fallaci. Non vorrei  rincoglionirmi completamente in solitudine e  ritrovarmi a rischiare la vita appendendo la bandiera italiana fuori dalla finestra durante una delle tormente inglesi.

sabato 25 ottobre 2008

In cui si pontifica aggratis.

"In opposizione alla mercificazione, alla privatizzazione e alla commercializzazione di ciò che ha a che vedere con l'educazione, GLI EDUCATORI DEVONO DEFINIRE L'ISTRUZIONE SUPERIORE COME RISORSA VITALE DELLA VITA DEMOCRATICA E CIVILE DELLA NAZIONE. La sfida che si pone dunque ai docenti, ai lavoratori della cultura, agli studenti e alle organizzazioni del lavoro è quella di unirsi nell'opposizione alla trasformazione dell'istruzione superiore in un settore commerciale".

Henry A. Giroux and Susan Searl Giroux "Take back higher education".


Perché questa citazione, a parte gli ovvi motivi contingenti? Perché quello che vedo, nonostante i tempi, nonostante i giornali, nonostante l'affondamento del paese è pura rassegnazione. Autismo e indifferenza. Atteggiamenti in cui ho la tendenza di crogiolarmi anch'io, seppure lontana dall'Italia. Ma forse è giunto il momento di darsi una mossa, di svegliarsi, che forse è già tardi. Non sono propensa al panico e il mio carattere Rottermeier mi impedisce di seguire fino alla fine il delirio globale in cui ci siamo invorticati. Ma comunque, assediati dall'allarmismo perenne, spero che la gente sia ancora in grado di discernere tra le cagate e le cose serie.

Leggo i giornali (italiani) e vedo un paese che affondava lentamente inabissarsi. 
Parlo con le persone e le reazioni che ottengo sono: "Ah, sì? La crisi? Quale crisi? Ma guarda, qui non si sente tanto..."

Sono perplessa. Onestamente. Mi chiedo se forse vivere all'estero mi abbia cambiato, e probabilmente è così. Mi chiedo se vivere in un paese melodrammatico com'è l'Inghilterra mi abbia reso più propensa alla preoccupazione  e mi abbia fatto dimenticare qualcosa dell'atteggiamento "tarallucci e vino" all'italiana. Mi chiedo se forse invece in Italia si viva da talmente tanto tempo in stato di crisi che non si è più in grado di riconoscerne gli abissi.

Ma quello che mi ricordo bene è la sensazione di limbo in cui vivevo prima di trasferirmi. La sensazione di sabbie mobili risucchianti. E ora che la terra trema in ufficio qui a Londra, so che un posto dove spero di NON tornare è proprio l'Italia. Perché non voglio vivere come vivevo allora. Perché non voglio sopravvivere arrancando. E sopravvivere arrancando tra una disperazione e l'altra, tra un'ingiustizia ingoiata e l'altra e l'unica cosa che si riesce a fare in Italia. E, vista da qua, molte persone sembrano sedate, rincoglionite dal valium tecnologico dei giocattoli con cui ci si distrae per non farsi risucchiare dai propri pensieri.

E' giunto - o è tornato -  il momento di "politicizzarsi". 
Il che non significa definirsi in base a quello che si è votato. Il che significa che è giunto il momento di partecipare attivamente alla vita del paese, in qualche maniera, in qualche modo. Non occorre andare a dormire in sacco a pelo in un liceo occupato (che lo si è già fatto 15 anni fa e non è più tempo): basta rivolgere un po' di attenzione al di là del proprio ombelico. Esercizio che per chi, come me, è cresciuta negli anni '80 e '90 non sarà facile mettere in pratica. Esercizio indispensabile in tempi come questi. Tempi in cui l'alzata di spalle non ce la possiamo proprio più permettere.

E se no. Chiudetevi nelle vostre stanzette ad aggiornare il profilo su Facebook. 

Buona fortuna.

"Alla deriva da un episodio all'altro, vivendo ogni giorno senza la consapevolezza delle sue conseguenze, né tantomeno della meta, [..], l'identità resta costantemente inchiodata a un presente ormai privo di qualsiasi significato durevole come fondamento del futuro" Z. Bauman "Vita liquida"





Vostra Sveva Rottermeier. In giornata NO, evidentemente.



mercoledì 15 ottobre 2008

O. MIO. DIO.

Mi sento mancare. 

Mi sembra di morire. 

Ma non me ne andrò da sola.
MarcoEugenio mi raggiungerà nell'oltretomba - ne sono sicura - una volta letto questo.*

Adieu.
 

*che mi ricorda però quando pulivo con l'alcol i telefoni dell'ufficio prima di usarli. Dell'ufficio ITALIANO.

venerdì 10 ottobre 2008

Bisogna che tutto cambi, perche' nulla cambi.









Non te preoccupa', Margaret. E' tutto uno scherzo.

mercoledì 8 ottobre 2008

Bye bye Miss American Pie

Non so perche' e' da un po' di giorni che mi ritrovo a canticchiare questa canzone.

E anche il nome Walker Evans continua a venirmi in mente.

Mah.